La storia di Livorno, con una madre che (a quanto dicono gli inquirenti) avrebbe ucciso il figlio pur di non riaccompagnarlo dal padre affidatario esclusivo, ci racconta due verità:Primo. La narrazione femminista è falsa: la violenza in famiglia non è frutto dei maschi cattivi e tossici contro le donne vittime designate, ma è la conseguenza del male, che abita nel cuore di ogni essere umano, maschio o femmina. I rapporti di famiglia e in particolare di filiazione toccano corde profondissime e la loro distorsione può portare a gesti atroci. Questo non attenua la responsabilità personale, ma ci aiuta a comprendere che la soluzione non può essere la colpevolizzazione del maschio a priori.E questo ci porta al secondo punto. Per prevenire ogni forma di violenza necessario prendersi cura della famiglia ferita garantendo per quanto possibile il mantenimento del rapporto genitoriale in modo paritetico con la mamma e col papà. Mai più genitori esclusi dalla vita dei figli a causa di separazione, divorzio o false accuse di violenza.Madri e padri vanno aiutati, sostenuti, recuperati se serve, ma non esclusi, se non in casi rarissimi e quando non ci siano davvero alternative.L’amore è forte come la morte. Non dimentichiamolo.
